L’idea dei grassi come responsabili diretti dei kg di troppo è sempre stata oggetto di riflessioni e abitudini alimentari concepite appositamente per limitarne il consumo. D’altra parte, le diete sono un po’ come le mode, e gli esempi da questo punto di vista si sprecano. Un paio di generazioni fa, si credeva che il significato di “vivere sano” corrispondesse al consumo dei cibi poveri di grassi, includendo invece pane e cereali a volontà. Oggi, basta fare una chiacchierata con un “addetto ai lavori” per capire che questo modello è ormai obsoleto e – al contrario – la piramide alimentare debba contenere frutta e verdura, in quanto fonti di fibre e antiossidanti, oltre ai grassi stessi: olio evo e semi oleosi per citarne due fondamentali.
A questo punto, la storia che i grassi non fanno ingrassare ha un fondamento scientifico o è solo uno specchietto per le allodole?
A dimostrare che le crociate drastiche contro i grassi fossero frutto di credenze popolari e studi approssimativi, ci ha pensato il trend della dieta chetogenica, che ha raggiunto il picco più alto di divulgazione negli ultimi 10 anni. Questo modello alimentare, frutto di una quantità innumerevole di dati pronti a sostenerlo, si basa sull’apporto di grosse percentuali di grassi in quella che si definisce economia giornaliera di nutrienti.
La chetogenesi, di fatto riconosciuta come meccanismo mirato ad abbassare i numeri sulla bilancia, punta sulla riduzione notevole di carboidrati e sull’aumento di grassi, sfruttati come fonte primaria di energia. Seguendo queste abitudini, l’organismo arriva a produrre i corpi chetonici: composti lipidici energetici le cui scorie vengono smaltite attraverso le urine.
A suo tempo, la dieta chetogenica incontrò l’entusiasmo di reazioni positive al trattamento di disturbi neurologici come l’epilessia e, nel contempo, ebbe il merito di guardare ai grassi con occhi diversi, sfatando una serie di pregiudizi illogici e contestabili. Certo, credere che consumare senza criterio dei cibi contenenti grassi – lasciando a casa il dono della misura – è un concetto che fa acqua da tutte le parti. Quando si parla di salute, l’eccesso non è un’unità di misura da prendere in considerazione, soprattutto se le conseguenze hanno la fisionomia di malattie come il diabete e complicazioni legate all’apparato cardiovascolare.
Ma la risposta alla nostra domanda è no; i grassi NON fanno ingrassare. Piuttosto, sono i carboidrati raffinati e gli zuccheri che possono raggiungere il podio senza troppe difficoltà.
Facciamo attenzione però, occorre fare una dovuta distinzione facendo riferimento ad una bipartizione da tenere ben chiara in mente:
Grassi saturi, quelli che sono contenuti in prodotti di origine animale. Questi acidi grassi, ritenuti per definizione come “poco salutari” rivestono in realtà un ruolo fondamentale per l’intero organismo. In primo luogo, se non vengono gestiti in maniera corretta, intervengono negativamente sul profilo lipidico; il risultato è l’innalzamento dei livelli di colesterolo cattivo nel sangue (LDL). Ciononostante, alcuni di essi – soprattutto gli acidi grassi a catena corta – hanno una responsabilità importante relativamente a studi recenti condotti sull’apporto di energia in assenza di carboidrati. Un fattore fortemente impattante in ambito sportivo. Insomma, non meritano di certo di essere messi alla berlina senza possibilità di assoluzione a prescindere;
Grassi insaturi, si trovano soprattutto negli oli vegetali, nella frutta secca e nei pesci, inclusi quelli grassi come il salmone. Grazie alle loro caratteristiche, proteggono la salute di cuore e cervello e regolano i livelli di stress percepiti. In particolare gli Omega 3, presenti sempre nel pesce, sono un ausilio prezioso nella cura della prevenzione e nel recupero ottimale negli infortuni dal punto di vista sportivo.
In più, continuando a percorrere una escalation di falsi miti, quando parliamo di grassi il riferimento alle uova è necessario. Infatti, secondo le credenze più dure a morire, il consumo di uova porterebbe un innalzamento dei livelli di colesterolo nel sangue. Si tratta di una teoria diffusa, a partire dagli anni ’70, dall’American Heart Association. Oggi, studi mirati hanno messo a tacere questo concetto. Le uova, da mangiare sempre con la giusta misura, non sono più responsabili di patologie specifiche come quelle cardiovascolari. Al contrario, rappresentano una validissima fonte proteica con, a seguito, un buon contenuto di grassi e vitamine.
Prendiamo, poi, il metodo di cottura maggiormente bistrattato: la frittura. Se un soggetto in salute – di tanto in tanto – desidera optare per una pietanza che richiede questa metodologia, non scatenerà l’apocalisse. Ovvio che, scegliendo possibilmente l’olio d’oliva che produce un minore quantitativo di sostanze tossiche rispetto ad altri oli, e se si sceglie di concedersela entro le mura domestiche, si aggira completamente la possibilità di riutilizzarlo una volta andato in fumo, come succede di solito nei locali. In questo modo, ci si gode l’occasione in tranquillità senza esser preda di strazianti sensi di colpa.
Per concludere, privarsi dei grassi continuando a demonizzarli, non è un vantaggio e può diventare un modo per compromettere il corretto funzionamento dell’organismo. Non si dimagrirà, come si spera, piuttosto ci si potrà ammalare per gli effetti delle funzioni metaboliche che ne risentiranno in maniera drastica. I grassi, in linea generale, dovrebbero costituire non meno del 30% circa del fabbisogno calorico giornaliero. Abbiamo bisogno di altri dettagli per rivalutare il loro ruolo nella nostra dieta?
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