Qualche tempo fa, chiacchierando sul tema della spesa e su come leggere le etichette degli ingredienti sui prodotti, abbiamo avuto modo di immagazzinare una lezione essenziale: i cibi con pochi ingredienti e meno elaborati sono quelli qualitativamente migliori. Perché? Molto semplicemente un cibo lavorato poco o niente mantiene le caratteristiche organolettiche che lo costituiscono e i suoi nutrienti. Talvolta però, una manipolazione anche minima risulta necessaria per tutelarne la conservazione e agevolarne il consumo; un esempio è rappresentato dagli alimenti che seguono un processo di essicazione, congelamento o pastorizzazione, seguiti da quelli che invece vengono sminuzzati, bolliti o arrostiti.
Un altro tipo di modifica che un prodotto alimentare può subire riguarda l’aggiunta di sostanze come: sale, olio o zucchero. Si tratta di una procedura adottata in genere con i cibi in scatola, come il pesce e la verdura.
All’ultimo posto troviamo invece quella tipologia di cibi che subisce una lavorazione di gran lunga maggiore e, per questo motivo, la lista degli ingredienti cresce a dismisura coinvolgendo la partecipazione attiva di sostanze come conservanti, coloranti artificiali, grassi idrogenati o aromi artificiali. La classica situazione in cui ci si imbatte nei più diffusi piatti pronti surgelati, nei biscotti confezionati, negli affettati o negli snack salati come i crackers, che subiscono l’aggiunta di correttori di acidità, strutto e – appunto – conservanti. Sempre meglio preferire, in circostanze simili, il pane acquistato al panificio: un’alternativa sicuramente migliore.
I cibi ultra-lavorati, indicati con la sigla inglese UPF (ultra-processed food), si possono riconoscere non esclusivamente per la numerosa lista di ingredienti che di solito presentano, ma anche perché al palato risultano avere un sapore piacevole, ricco magari di gusto (per l’eccesso di sale, zucchero e aromi vari), e agli occhi sono spesso belli da vedere nel packaging che li racchiude. Non dimentichiamo poi l’aspetto economico: questi prodotti, infatti, sono meno costosi rispetto agli altri. Si presentano di base come un vero e proprio affare, in termini di convenienza, e vengono molto sponsorizzati da varie pubblicità.
Per completare il quadro, tra le strategie che vengono usate, col fine di far leva sull’interesse dei consumatori, si distingue quella che punta ad ostentare alcune indicazioni specifiche. Mi riferisco a quelle create ad hoc per nascondere le qualità molto discutibili di questi prodotti. Un caso? Far passare il messaggio che dei cibi confezionati, come nel caso di brioche o biscotti, siano fatti di farina integrale, una componente considerata salutare ma che – in queste situazioni – perde l’etichetta in questione, non solo per il contenuto eccessivo di grassi e zuccheri che contiene, ma per il fatto che sia presente in quantità minime. Infatti, basta controllare la lista degli ingredienti presente sulle confezioni: oltre ad essere sicuramente lunga, riporterà le percentuali effettive di farina integrale presente, in genere all’ultimo posto rispetto a quella 00 e ad altre utilizzate.
Com’è facile intuire, è stato dimostrato che chi abusa di prodotti alimentari UPF possa avere maggiori possibilità di andare incontro a complicazioni di salute tutt’altro che banali; oltre all’obesità, si aggiungono il diabete, l’ipertensione e le malattie cardiovascolari e cerebrovascolari, fino ad includere alcune forme tumorali a carico dell’apparato digerente.
In particolare, per quanto riguarda l’obesità, studi recenti diffusi sulla celebre rivista “Public Health Nutrition” ha messo in evidenza una correlazione tra consumo di cibi UPF e aumento dell’obesità in ben 19 Paesi europei. Da quanto si evince, gli alimenti ultra-lavorati danneggiano il meccanismo di sazietà percepito, portando i consumatori ad eccedere nelle calorie, mentre i numeri sulla bilancia aumentano.
Su un’altra rivista autorevole, Foods, la scoperta che è stata fatta ha scovato un legame tra i cibi processati e l’insorgere di malattie autoimmuni nei più piccoli, portati a sviluppare patologie come la celiachia e il diabete di tipo 1.
Presa coscienza di questa realtà impossibile da contestare, sedotti dagli interessi spietati di un’industria alimentare che punta a creare il sentimento della dipendenza nei suoi consumatori, il nostro scopo è mostrarci sempre consapevoli. Consapevoli di quello che mettiamo nel carrello, di quello che mettiamo sotto i denti noi e i componenti della nostra famiglia. Se vuoi ricevere una giusta “istruzione” su come sposare una dieta pratica e funzionale che metta al primo posto la tua salute, non esitare a contattarmi!
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